L’emozione era alle stelle già dal primo trailer, ma adesso è arrivato nelle sale. “Lightyear – La vera storia di Buzz”, diretto e sceneggiato da Angus MacLane, è la 26esima pellicola prodotta dalla Pixar ed è un film nel film perché racconta la storia del lungometraggio del 1995 che ha poi ispirato il famoso personaggio/giocattolo del ranger spaziale visto nella famosa saga di “Toy Story”.
Come forse molti di voi ricorderanno, il simpatico pupazzo è stato già protagonista di un altro film uscito nel 2000 e intitolato “Buzz Lightyear dal Comando Stellare – Si parte!”, usato anche come pilota di una serie tv andata in onda tra il 2000 e il 2001. MacLane, che lavora alla Pixar dal 1997, ha voluti riprendere in mano la sua storia e si è lanciato nella sua seconda prova da regista dopo aver co-diretto il bellissimo “Alla ricerca di Dory”(2016), con Andrew Stanton. La sua grandissima esperienza lo ha portato a costruire l’ennesimo gioiellino d’animazione con un cast tecnico e di doppiatori assolutamente sbalorditivo e che porterà sicuramente tantissimi piccoli e grandi fan al cinema dal 15 giugno.
LA TRAMA
Lightyear – La vera storia di Buzz, un viaggio interstellare nei valori universali che fa bene all’anima
Il film segue le vicende dello Space Runner Buzz Lightyear che, durante una missione che dovrebbe durare pochi minuti, si ritrova bloccato su un pianeta inospitale, lontano ben 4.2 milioni di anni luce dalla Terra, con tutto il suo equipaggio. Buzz dovrà cercare un modo per riparare al suo errore mentre sarà catapultato avanti nel tempo di 62 anni. Ad accompagnarlo in questa odissea nello spazio ci saranno lo spassoso gatto Sox, e le fondamentali comandanti “alleate” Alisha e Izzy Hawthorne. A complicare ulteriormente la situazione, però, ci si metterà anche l’imperatore Zurg e il suo esercito di robot.
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Durata 100 min
Regia Angus MacLane
Cast
Chris Evans: Buzz Lightyear
Peter Sohn: Sox
James Brolin: Imperatore Zurg
Uzo Aduba: Alisha Hawthorne
Keke Palmer: Izzy Hawthorne
LA RECENSIONE
Un film nel film che affronta grandi temi universalmente validi
L’operazione fatta da MacLane e dal produttore Galyn Susman, sulla carta, era vincente ma anche molto rischiosa. “Lightyear – La vera storia di Buzz” è un vero e proprio esperimento per il cinema d’animazione, dato che si sta raccontando la storia del film preferito di Andy, il piccolo protagonista umano del franchise di “Toy Story”, risalente al 1995, e del suo protagonista, l’eroe con la tuta spaziale che gli fu regalato dai genitori e che farà coppia con lo sceriffo Woody. MacLane e i co-sceneggiatori Jason Headley e Matthew Aldrich, quindi, sono legati ovviamente alla saga d’origine, ma se ne discostano con la loro metanarrazione che ci racconta di un Buzz umano, alle prese con un grande senso di colpa dovuto all’errore commesso durante la sua missione e che, anche per il grande senso di responsabilità che lo contraddistingue, lo porterà a farsi in quattro pur di trovare una soluzione. Oltre a queste forti tematiche, il regista offre spunti di riflessione anche sulla fragilità dell’infallibilità, sul tempo che scorre inesorabile e che non torna, sui valori dell’amicizia, della solidarietà e della cooperazione contro l’individualismo, tutti focus già esistenti nella saga di “Toy Story”, qui affrontati con un’angolazione e un punto di vista decisamente diversi (per non usare il termine “maturi”) ma che fanno sempre bene all’anima.
Gli omaggi e le citazioni ai grandi film e alle serie tv degli anni ’80 e ‘90
Per fare tutto ciò, il regista attinge a piene mani dai grandi film e dalle serie tv di fantascienza degli anni ’80 e ’90 come “Star Trek”, “Star Wars”, “Alien”, “2001: Odissea nello Spazio”, riempiendo il suo film di citazioni, omaggi, tributi e siparietti comici e nostalgici che faranno ridere ed emozionare il pubblico di tutte le età, dato che si tratta di un prodotto adatto a tutta la famiglia al 100%. Il personaggio di Buzz (doppiato nella versione originale da Chris “Capitan America” Evans e nella versione italiana da Alberto Malanchino) è un giovane uomo forte e coraggioso ma che si renderà conto che l’individualismo non porta da nessuna parte. Lo ricolleghiamo al famoso “pupazzo” un po’ goffo di Toy Story grazie ai colori della sua tuta ma di quel giocattolo che scatenò la gelosia di Woody e che credeva di essere un vero Space Ranger caduto per sbaglio sulla Terra dalla sua navicella, c’è molto poco. La versione umana conserva lo stesso cuore e gli stessi ideali della versione giocattolo, ovviamente in versione meno esasperata, ma i tratti distintivi sono rimasti invariati per non snaturare pericolosamente tutto il progetto, circondandolo di nuovi personaggi che offrono la più grande sferzata di energia e ironia a questa splendida avventura.
Da Alisha al gatto Sox, i nuovi personaggi sono i veri assi nella manica
I personaggi che aiuteranno Buzz nella missione sono stati elaborati da MacLane alla perfezione e risultano essere i veri assi nella manica. Ad iniziare da Alisha Hawthorne, (doppiata in originale da Uzo Aduba) sua vecchia collega che dovrà aiutarlo a risolvere l’errore commesso a bordo della navicella e che letteralmente non lo fa dormire. Il personaggio ha fatto discutere tanto perché nel film ha una relazione con una donna e si assiste anche ad un bacio gay. Ciò ne ha addirittura fatto bloccare la distribuzione negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, Egitto, Kuwait, Oman, Malesia e Indonesia. Oltre ad Alisha, il personaggio più divertente è senza dubbio il gatto robot Sox (doppiato in originale da Peter Sohn), regalato a Buzz proprio dalla sua amica/collega e che sarà il protagonista assoluto dei siparietti comici più divertenti, rubando la scena perfino allo stesso Space Ranger. Nel suo viaggio “interstellare” (con richiami Nolaniani), Buzz incontrerà anche Izzy Hawthorne (Keke Palmer), nipote di Alisha; il simpatico e goffo Mo Morrison (Taika Waititi) e la scorbutica Darby Steel (Dale Soules) oltre all’iconico Imperatore Zurg (James Brolin).
La spendida CGI, le musiche di Michael Giacchino e le due scene pre e post credit
È superfluo dire che gli effetti visivi e la CGI sono praticamente perfetti, incorniciati nella fotografia di Jeremy Lasky e Ian Megibben che le esaltano egregiamente senza esagerazioni o concessioni “troppo surreali” che avrebbero appesantito il progetto. Il montaggio di Anthony Greenberg non dev’essere stato facile a causa dei salti temporali e della storia di ciascun personaggio, ma alla fine tutto risulta più che fluido e i 100 minuti di durata scivolano via in un lampo. Vogliamo parlare della colonna sonora di Michael Giacchino? Ormai il premio Oscar è garanzia di qualità e quindi ogni parola sul suo operato è veramente inutile. Basti pensare che il Maestro ha compiuto un viaggio negli anni ’80 e ’90, componendo delle musiche magistrali e uniche a cui vi preghiamo di far caso. Ultima cosa: non andate via al termine della proiezione perché ci sono due scene aggiuntive. Una la potrete vedere pre-credit (ma è una sorta di siparietto simpatico, nulla di più) e un’altra decisamente più “importante” e ricca post-credit. Buon divertimento!
Il voto di Cinefily