The Life of Chuck è un film drammatico e fantascientifico del 2024, scritto e diretto da Mike Flanagan. L’opera è l’adattamento cinematografico dell’omonimo racconto di Stephen King, contenuto nella raccolta Se scorre il sangue (2020). Il film è stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival, dove ha vinto il People’s Choice Award. Noi non vedevamo l’ora di vederlo e di raccontarvelo, senza spoiler.
LA TRAMA
Una vita in 3 atti
La storia è suddivisa in tre capitoli e ruota attorno alla vita di Charles “Chuck” Krantz, un uomo apparentemente comune. Attraverso una narrazione che mescola elementi realistici e fantastici, il film esplora l’amore, la perdita e le infinite sfaccettature dell’identità umana. Chuck vive esperienze che sembrano riflettere l’intero universo, suggerendo che ogni vita, per quanto ordinaria, racchiude un mondo intero.
INFO & CAST
Durata 110 min
Regia Mike Flanagan
Cast
Tom Hiddleston: Charles “Chuck” Krantz
Jacob Tremblay: Charles “Chuck” Krantz da giovane
Karen Gillan: Felicia Gordon
Molly Quinn: madre di Chuck
Mark Hamill: Albie Krantz
LA RECENSIONE
Un’esistenza raccontata al contrario
The Life of Chuck si apre con un’idea narrativa audace e molto ben congegnata: raccontare la vita di Charles Krantz, detto Chuck, in tre atti disposti in ordine cronologico inverso. Si parte dalla fine del mondo, si passa per un momento di pura gioia in età adulta, e si conclude con l’infanzia del protagonista. Questa struttura non è solo un vezzo stilistico, ma diventa la chiave per esplorare il significato profondo dell’esistenza, della memoria e dell’eredità che lasciamo. Flanagan, con la sua regia sensibile e poetica, guida lo spettatore in un viaggio che è al tempo stesso personale e universale.
Nel primo atto, il mondo sembra collassare: la rete salta, la terra si apre, i servizi si interrompono. In mezzo a questo scenario, compaiono misteriosi cartelloni che ringraziano Chuck per “39 splendidi anni”. Il volto sorridente di un uomo comune diventa il simbolo di qualcosa di più grande. Flanagan non cerca effetti speciali o catastrofi spettacolari: l’apocalisse è intima, fatta di gesti quotidiani che si sgretolano. È la fine del mondo interiore di una persona, e il film suggerisce che ogni vita contiene un universo che, quando si spegne, porta con sé la sua personale fine del mondo.
Il secondo atto è quello più luminoso e sorprendente. Chuck, interpretato da Tom Hiddleston, è un contabile riservato che, attraversando una strada, si lascia andare a una danza improvvisata al ritmo di una batterista di passaggio. Questo momento, apparentemente insignificante, diventa una bolla di gioia condivisa, un gesto che incarna la tesi del film: l’ordinarietà può farsi rivelazione quando smettiamo di censurare l’impulso a vivere. La scena è costruita con delicatezza, senza retorica, e riesce a commuovere per la sua autenticità.
Il terzo atto ci porta nell’infanzia di Chuck, cresciuto dai nonni in una casa dove una stanza misteriosa gli era proibita. Qui si intrecciano elementi di matematica e immaginazione, regola e slancio, dolore e meraviglia. Il nonno (Mark Hamill) e la nonna diventano figure chiave nella formazione emotiva del bambino. Flanagan costruisce un’educazione sentimentale che mostra come cresciamo come somme di dettagli, e come la memoria – a differenza della cronologia – obbedisca a una musica tutta sua.
Flanagan va oltre l’horror e colpisce nel segno
Mike Flanagan, noto per i suoi adattamenti horror di Stephen King, qui abbandona il brivido esplicito per abbracciare un racconto esistenziale e filosofico. La sua regia è luminosa, quasi da cartolina, ma non superficiale: serve a proteggere la tenerezza dal cinismo. Il montaggio lavora per eco e variazioni, la fotografia predilige la chiarezza, e la musica accompagna senza invadere. Flanagan dimostra di saper adattare il suo stile per servire la storia, mantenendo però una firma personale riconoscibile.
Tom Hiddleston è il volto principale di Chuck, ma il ruolo è condiviso con altri attori che lo interpretano nelle diverse fasi della vita: Jacob Tremblay da adolescente, Cody Flanagan da bambino. Attorno a loro ruotano interpretazioni intense e misurate: Chiwetel Ejiofor, Karen Gillan, Nick Offerman e Mark Hamill. Ogni personaggio contribuisce a costruire il mosaico emotivo del protagonista, rendendo la sua vita una sinfonia di incontri, perdite e scoperte. Il film esplora l’idea che ogni individuo sia composto da molteplici strati, contraddizioni e momenti. Chuck non è definito da un singolo evento, ma da una costellazione di esperienze che, messe insieme, formano un universo personale. La pellicola è proprio una meditazione sul significato dell’esistenza. Non offre risposte definitive, ma invita lo spettatore a riflettere su cosa renda una vita “buona”: l’amore, la connessione, la memoria, la bellezza, anche se fugace.
L'ispirazione a Whitman
Il film si ispira ai versi di Walt Whitman: “Mi contraddico? Va bene, mi contraddico. Sono vasto, contengo moltitudini.” Questa citazione diventa il cuore pulsante di The Life of Chuck, che celebra la complessità dell’essere umano, attraverso una sceneggiatura curata e dettagliatissima, scritta dallo stesso regista. Chuck non è un eroe, ma un uomo qualunque che, nella sua breve vita, costruisce un universo fatto di esperienze, relazioni e sogni. Il film è un inno potente e intimo all’esistenza e alle sue infinite possibilità e a rendere il tutto ancora più magico ci pensano la fotografia meravigliosa di Eben Bolter, il montaggio fenomenale e fondamentale di Flanagan e le musiche di John Andrew Grush e Taylor Newton Stewart.
Il voto di Cinefily



