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E’ uno dei film più attesi dell’anno e dal 18 aprile è nelle nostre sale. “Back to Black” è diretto da Sam Taylor-Johnson ed è incentrata sui primi anni della carriera di Amy Winehouse fino al successo ottenuto con i singoli “Rehab” e “Back to Black”. Già dal trailer siamo stati totalmente catturati dalla bravura della protagonista Marisa Abela, dunque, le aspettative erano davvero alte. Cosa ne pensiamo? Beh, leggete la nostra recensione senza spoiler prima di andare al cinema.

LA TRAMA

Una storia breve ma immortale

“Back to Black” è uno sguardo inedito sulla rapida ascesa di Amy Winehouse e sulla pubblicazione del suo rivoluzionario album “Back to Black”. Raccontato dal punto di vista di Amy, il film è uno sguardo senza veli sulla donna dietro il fenomeno e sulla relazione che ha ispirato uno degli album più leggendari di tutti i tempi.

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INFO & CAST
Anno 2024
Durata 122 min
Regia Sam Taylor-Johnson

 

Cast
Marisa Abela: Amy Winehouse
Jack O’Connell: Blake Fielder-Civil
Eddie Marsan: Mitch Winehouse
Juliet Cowan: Janis Winehouse
Lesley Manville: Cynthia Winehouse

LA RECENSIONE

Un biopic troppo raffazzonato e con salti temporali inspiegabili

La missione di Sam Taylor-Johnson era alquanto difficile e azzardata. Dopo l’Oscar vinto da Asif Kapadia con il bellissimo documentario “Amy”(2015), portare sul grande schermo un biopic sullo stesso personaggio poteva essere un’arma a doppio taglio e un pericolo assoluto per i fan della famosa cantante scomparsa a soli 27 anni. Ora, sulla scia del successo del pluripremiato “Bohemian Rhapsody”(2018), biopic diretto da Bryan Singer con protagonista Rami Malek nei panni dell’iconico Freddie Mercury, la regista ci ha provato, ma va detto che la prova è riuscita decisamente a metà. La pellicola racconta i primi anni della carriera della Winehouse fino ad arrivare al successo globale dell’album “Back to Black” e del singolo “Rehab”. Ovviamente, anche gli aspetti salienti della sua vita privata vengono scandagliati, come la sofferenza legata alla separazione dei suoi genitori Mitch e Janis; il rapporto con la sua amatissima nonna paterna Cynthia; l’incontro con il futuro marito Blake Fielder-Civil e il loro amore tossico; gli eccessi che poi l’hanno portata alla morte prematura. Tutta questa carne al fuoco, però, è stata gestita in 122 minuti, una durata decisamente troppo ristretta per dare il degno spazio a tutti gli argomenti. Inevitabilmente, le tappe della vita di Amy Winehouse vengono trattate in modo troppo raffazzonato e veloce, con salti e buchi temporali che sono realmente inspiegabili.

Marisa Abela è perfetta ma sprecata

La regista Sam Taylor-Johnson si era già cimentata coi film biografici portando al cinema, nel 2009, la storia di John Lennon con “Nowhere Boy”. Il protagonista è Aaron Taylor-Johnson e il risultato è decisamente migliore. In “Back To Black” funziona la performance dell’eccezionale Marisa Abela, veramente perfetta nel ruolo, magnetica in ogni sua performance canora e molto convincente nelle parti più drammatiche ma è sprecata. Anche le scene del primo incontro col marito Blake (Jack O’Connell) funzionano, così come quelle legate al rapporto con la nonna (la grande Lesley Manville). Ma la sceneggiatura di Matt Greenhalgh è troppo debole e non riesce a restituirci tutta la sofferenza di quest’artista ribelle, sovversiva, in controtendenza, dalla vita breve ma ricchissima di eventi che sradicavano tutti gli stereotipi dell’epoca. L’uso di droghe e il rapporto tossico con Blake – i punti cardini della sua parabola discendente – sono trattati in pochi minuti e ci ritroviamo improvvisamente alla vittoria del Grammy Award. Ok, siamo accompagnati per tutto il tempo dalle sue splendide canzoni, ma non bastano a rendere il “tributo” gradevole e di un certo livello.

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IN CONCLUSIONE

La fretta non porta mai da nessuna parte, e se questa si avverte in un biopic che doveva essere anche un tributo ad una grande artista diventata icona della musica, non va affatto bene. “Back To Black”, al netto di quelle poche scene che abbiamo salvato, purtroppo non riesce nel suo intento. Se salviamo la colonna sonora e la fotografia di Polly Morgan, assieme alla performance della protagonista Marisa Abela, le colonne portanti della regia e della sceneggiatura vengono meno al loro lavoro e non supportano quello che c’è di buono nella pellicola. Come al solito, attendiamo i vostri commenti in merito.

Il voto di Cinefily

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