“Assassinio a Venezia” (“A Haunting in Venice”) è diretto da Kenneth Branagh ed è l’adattamento per il grande schermo del romanzo “Poirot e la strage degli innocenti” di Agatha Christie, pubblicato nel 1969. Come molti cinefili già sapranno, la pellicola è la terza della saga capitolo su Poirot dopo “Assassinio sull’Orient Express”(2017) e “Assassinio sul Nilo”(2022). Il primo film ha incassato quasi 353 milioni di dollari mentre il secondo si è fermato a soli 137 milioni, quindi le aspettative sono veramente altissime. Il cast è sempre eccezionale e, anche stavolta, Branagh non ci ha deluso mettendo insieme alcuni degli attori più bravi di Hollywood. Cosa state aspettando? Leggete la nostra recensione e poi andate subito al cinema per farci sapere cosa ne pensate.
LA TRAMA
Il film è ambientato nella misteriosa Venezia del secondo dopoguerra alla vigilia di Ognissanti.
Hercule Poirot, ora in pensione e vivendo in esilio autoimposto nella città più affascinante del mondo, partecipa con riluttanza a una seduta spiritica in un palazzo fatiscente e infestato. Quando uno degli ospiti viene assassinato, il detective viene catapultato in un sinistro mondo di ombre e segreti.
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INFO & CAST
Durata 103 min
Regia Kenneth Branagh
Cast
Kenneth Branagh: Hercule Poirot
Kyle Allen: Maxime Gerard
Camille Cottin: Olga Seminoff
Tina Fey: Ariadne Oliver
Jamie Dornan: dott. Leslie Ferrier
Jude Hill: Leopold Ferrier
Riccardo Scamarcio: Vitale Portfoglio
LA RECENSIONE
Una Venezia spettrale divisa tra thriller e horror, fede e “dubbio”
Branagh è tornato nelle sale dopo solo un anno dall’uscita di “Assassinio sul Nilo” riadattando il celebre romanzo della Christie e prendendosi parecchie licenze narrative. Il libro è ambientato a Woodleigh Common, un paesino alle porte di Londra, nella notte di Halloween invece Branagh riporta la storia nella Venezia del secondo dopoguerra (1947), mantenendo intatta (o quasi) la trama originale e la storia di molti personaggi. Poirot, infatti, è ormai un detective in pensione e si è ritirato in Laguna. Durante la notte di Halloween, però, la sua amica scrittrice di gialli, Ariadne Oliver (una splendida Tina Fey) lo invita ad una seduta spiritica nel palazzo della cantante lirica Rowena Drake (Kelly Reilly), per dimostrare quanto siano surreali e infondate. Qui la famosa medium Mrs Reynolds (Michelle Yeoh) – davanti ad altri ospiti – farà il suo rituale, ma ecco che un omicidio risveglierà la vena investigativa di Poirot, che dovrà dividersi tra soprannaturale e un assassino in carne e ossa. Questo terzo capitolo, quindi, si discosta moltissimo e non è assolutamente legato ai primi due film. Qui Branagh mescola bene horror, dramma e thriller, tematiche relative alla fede, allo spiritismo, al “dubbio”, legittimo e affossato ma sempre lì presente a fare capolino nella sua coscienza da uomo “concreto” e razionale.
Il giallo è sempre in prima linea
Poirot sarà messo in difficoltà dal verificarsi di morti poco spiegabili, mentre Venezia (ricostruita interamente a Londra) fa da perfetta cornice con le sue location plumbee, scure, gotiche, eleganti, nebbiose, piene di misteri e leggende ad ogni angolo. Il fatto di mescolare thriller e horror, in alcune scene, può sembrare un passo azzardato, forzato, però la grandissima sapienza registica di Branagh riesce a dribblare l’ostacolo giusto in tempo, non perdendo mai il ritmo in 103 minuti (ottima durata). Il giallo è in prima linea, ma l’horror lo arricchisce, lo rende più interessante, i jumpscare non sono poi così “paurosi”, quindi anche chi non ama gli horror può tranquillamente guardarlo e godersi il classico plot (omicidio-investigazione-risoluzione finale a sorpresa, o meno!) che ci si aspetta da questa trilogia.
Un cast di sole stelle ma un finale troppo “affrettato”
Quello che colpisce, oltre alla tecnica registica con grandi primi piani, riprese dall’alto, spostamenti repentini di camera al fulmicotone, è la scelta del cast che, oltre alle già citate Tina Fey, Kelly Reilly e il premio Oscar Michelle Yeoh, conta anche la presenza di Camille Cottin nei panni della religiosissima domestica Olga Seminoff; di Jamie Dornan (dott. Leslie Ferrier) e del piccolo e bravissimo Jude Hill; del nostro Riccardo Scamarcio, nei panni della guardia del corpo di Poirot, Vitale Portfoglio e di Kyle Allen, nei panni dello scorbutico chef Maxime Gerard. Un mix di personalità che funziona alla grande. Sensazionale è la fotografia di Haris Zambarloukos, ormai collaboratore e amico fondamentale per Branagh. La sua Venezia è unica, spettrale e magnetica, resa in maniera eccezionale e accarezzata dalle musiche del premio Oscar Hildur Guðnadóttir, limitando al massimo il ricordo alla CGI (scelta azzeccatissima). Il montaggio di Lucy Donaldson incastra le scene alla perfezione, portandoci per mano fino alla “spiegazione” finale, quindi alla scoperta dell’assassino che, a dire il vero, è molto più semplice rispetto ai due film precedenti. Ecco, se proprio dobbiamo trovare un difetto lo imputiamo alla sceneggiatura di Michael Green che si perde proprio nella parte finale della pellicola, arrivando alla conclusione in maniera troppo affrettata e improvvisa, ma si sa, neanche Kenneth Branagh è perfetto. E va bene così.
Il voto di Cinefily