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Dopo “Resta con me”(2018), l’islandese Baltasar Kormákur torna nelle sale con “Beast”, survival movie con protagonista l’amatissimo Idris Elba. Nella pellicola, l’attore è nei panni di un medico, vedovo e con due figlie, che andrà in Sudafrica per un safari con le ragazze, allo scopo di riconquistarne la fiducia e l’amore, dopo la morte della moglie. Ma quello che era iniziato come uno svago, si rivelerà un vero e proprio incubo quando un enorme leone inizierà a perseguitarli, senza dargli alcuna tregua. Nel film c’è anche Sharlto Copley, nei panni del gestore della riserva di caccia africana. La pellicola è nei nostri cinema a partire dal 22 settembre.

LA TRAMA

Beast, la lotta tra Idris Elba e il leone conferma che le vere bestie sono gli uomini

Protagonista della pellicola è Il dottor Nate Daniels (Idris Elba), un marito rimasto vedovo da poco, che torna in Sudafrica, dove ha conosciuto sua moglie, per un viaggio a lungo pianificato con le figlie Meredith (Iyana Halley) e Norah (Leah Sava Jeffries) in una riserva di caccia gestita da Martin Battles (Sharlto Copley), un vecchio amico di famiglia e biologo della fauna selvatica. Quello che inizia come un viaggio di guarigione si trasforma in una spaventosa lotta per la sopravvivenza quando un leone, sopravvissuto a bracconieri assetati di sangue, inizia a perseguitarli sentendosi ormai minacciato dagli esseri umani.

recensione di beast
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INFO & CAST
Anno 2022
Durata 93 min
Regia Baltasar Kormákur

 

Cast

Idris Elba: Dr. Nate Samuels
Iyana Halley: Meredith Samuels
Leah Sava Jeffries: Norah Samuels
Sharlto Copley: Martin Battles

LA RECENSIONE

Una lotta per la sopravvivenza in cui le vere bestie sono gli uomini

Kormákur ha già affrontato il tema della sopravvivenza dell’uomo in situazioni in cui la natura lo mette fortemente alla prova, come in “The Deep”(2012), “Everest”(2015) e “Resta con me”(2018). Naturalmente, in tutte queste pellicole le storie molto diverse da quella di “Beast” e anche la location è totalmente opposta. Girata nelle province rurali di Limpopo, Capo Settentrionale e Città del Capo, la pellicola, fin dal trailer, colpisce sicuramente per le scene ansiogene degli attacchi del leone, ma le intenzioni del regista vanno ben oltre. Il dottor Nate Samuels/Elba vola in Africa per rimettere insieme i cocci della sua famiglia, ma anche il “sanguinario” leone non agisce per puro istinto omicida. I bracconieri – le vere “bestie” senza scrupoli – hanno infatti massacrato tutto il suo branco e quindi, adesso, l’animale è mosso da una ferocissima vendetta, uccidendo tutti quelli che gli capitano a tiro. Guardando il film, istintivamente, si è quindi dalla parte del leone ma non sperando che massacri Elba e la sua famiglia (ci mancherebbe!), piuttosto si è spinti a pensare a quanto le azioni senza senso, l’ego e i danni smisurati e l’intromissione da “dominatori” degli uomini possano essere dannose, un boomerang con conseguenze enormi. A tutto ciò, Kormákur inserisce in parallelo la storia familiare, l’amore tra padre e figli che può e deve superare qualsiasi barriera della mente e del cuore.

Il perfetto dosaggio adrenalinico di Kormákur e le pecche della CGI

I cinefili più attenti avranno notato subito che la trama ricorda innegabilmente film come “Prey – La caccia è aperta”(2007) diretto da Darrell James Roodt e “Prey – La preda”(2016), di Dick Mass, ma Kormákur – oltre ad aggiungere l’ingrediente familiare che abbiamo appena citato –  ci spiega e mostra i motivi del comportamento del leone, ribaltando quindi la trama delle pellicole di Roodt e Mass, dove gli animali erano mossi da puro istinto sanguinario e basta. Il regista islandese sa dosare molto bene le scene adrenaliniche e da “salto sulla poltrona”, soprattutto quando il leone è nell’ombra, non è in scena, non attacca ma la sua presenza si sente e pesa comunque come un macigno. I “contro” ci sono, non si tratta assolutamente di un film senza pecche. Per esempio, la CGI del felino non è perfetta, non tanto quando “attacca” all’improvviso ma bensì quando lo vediamo in pieno movimento; la sceneggiatura non approfondisce abbastanza le storie dei personaggi principali, lasciando molti punti in sospeso e forzando alcune situazioni nel rapporto padre/figlie; il finale è totalmente surreale e banale, ma si sa, in un survival movie quel pizzico di “assurdità” non può e non deve mai mancare. Assolutamente da applauso sono le performance di Elba e Copley (quest’ultimo sfruttato molto poco), la fotografia del premio Oscar Philippe Rousselot, il montaggio rocambolesco di Jay Rabinowitz e la colonna sonora di Steven Price, che fanno scivolare i 93 minuti di durata in un lampo.

Il voto di Cinefily

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