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Il premio Oscar Russell Crowe torna in sala nel suo primo horror. Il regista Julius Avery l’ha voluto nei panni del famoso capo esorcista Padre Gabriele Amorth e l’attore non se l’è fatto ripetere due volte. La pellicola è tratta dai libri di memorie “Un esorcista racconta” e “Nuovi racconti di un esorcista” scritto proprio da Padre Amorth, venuto a mancare nel 2016, dopo aver eseguito circa 100.000 esorcismi. Nel cast con Crowe ci sono Daniel Zovatto, Alex Essoe e il nostro Franco Nero.

https://www.youtube.com/watch?v=bVz7D4M4zyc&pp=ygUUbCdlc29yY2lzdGEgZGVsIHBhcGE%3D
LA TRAMA

Ispirato ai veri scritti di Padre Gabriele Amorth

Il capo esorcista del Vaticano è interpretato dal premio Oscar Russell Crowe. L’Esorcista del Papa racconta la storia di Padre Amorth che, indagando sulla terrificante possessione di un ragazzo, finirà per scoprire una cospirazione secolare che il Vaticano ha disperatamente cercato di tenere nascosta.

Recensione di L’Esorcista del Papa
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INFO & CAST
Anno 2023
Durata 103 min
Regia Julius Avery

 

Cast
Russell Crowe: Padre Gabriele Amorth
Daniel Zovatto: Padre Felipe Arizmendi Esquivel
Alex Essoe: Julia
Franco NeroPapa

LA RECENSIONE

L’Esorcista del Papa: il film con Russell Crowe dimentica i libri di Padre Amorth e offre un mix di generi che non convince

Ci sono decine e decine di film incentrati su esorcismi e possessioni. Dal 1973, anno in cui è uscito “L’Esorcista”, di William Friedkin, le pellicole dello stesso genere hanno invaso le sale, girando e rigirando la stessa minestra, cambiando solo qualche dettaglio qui e la, ogni tanto. “L’Esorcista del Papa” ci ha subito incuriosito, innanzitutto per la scelta del “Gladiatore” Russell Crowe come protagonista e poi per l’ispirazione ai famosi libri di Padre Amorth, che resta comunque solo “vaga” e molto, ma molto blanda. Il regista Julius Avery e gli sceneggiatori Michael Petroni e Evan Spiliotopoulos, già avvezzi all’horror, hanno preso solo alcuni aspetti della vita reale di Amorth, ma hanno poi deciso di girare una propria versione, con licenze registiche e narrative che si discostano nettamente dai libri già citati e che sono piuttosto discutibili.

L’ammirazione di Avery per Russell Crowe

Dall’horror al thriller, un mix di generi che non giova al film

Partendo dall’incipit a Tropea, decisamente d’effetto, la scena si sposta a Roma dove Amorth si sposta in vespa. In realtà, la maggior parte della storia è ambientata in Spagna, dove una donna con due figli si trova, improvvisamente, a fare i conti col demonio e la possessione di uno dei suoi pargoli, dopo essersi trasferita in un’abbazia sconsacrata.

L’intervento di Amorth sarà richiesto proprio dal demone e il prete non si farà attendere, arrivando sul posto con tutto l’armamentario classico e collaborando col giovane Padre Esquivel (Daniel Zovatto). Al di là dell’aspetto e dei comportamenti da guascone dell’Amorth proposto da Crowe – che si vanta di avere come “Boss” il Papa (un Franco Nero perfetto nella parte e che, anche se nel film non lo si dice mai, è chiaramente Giovanni Paolo II dato che la pellicola è ambientata nel 1987) e fa battute surreali anche in momenti più improbabili come se fossimo in un film Marvel – il vero problema del film sta proprio nel fatto di non appartenere ad un genere prefissato. Non possiamo definirlo un horror perché, ok ci sono le classiche scene da esorcismo classico con croci, frasi in latino, persone scaraventate via, figure che si elevano a mezz’aria ecc…ecc… ma Padre Amorth si trasforma in un detective quando deciderà di stanare e svelare i misteri coperti dal Vaticano nei secoli, facendo virare il genere verso il thriller. I richiami a Dan Brown e ai film tratti dai suoi libri, al personaggio di James Bond, ai mitici Sherlock Holmes e Watson quando collabora col giovane Esquivel, ai film Marvel per spirito combattivo e deciso (si, il prete farà uso anche della forza fisica) e a tante altre pellicole dello stesso genere, ne fanno un ibrido talmente fuori dal comune che alla fine finisce anche per affascinare, ma non a rapire l’attenzione.

L’inizio di una saga?

Quello che abbiamo appena detto non è certamente un bene, perché non appartenere ad un genere preciso o mescolarne vari, quando le aspettative erano altre, genere un mix di delusione e confusione che ci fa dimenticare quelle due/tre cose buone che il film poteva contenere. Tra queste, salviamo le musiche di Jed Kurzel e la fotografia (patinata e anni ’90) di Khalid Mohtaseb mentre il montaggio di Matt Evans, sinceramente, appare molto approssimativo in alcuni passaggi, soprattutto nella prima parte e gli effetti speciali non impressionano più di tanto, scadendo nel déjà vu molte volte. E’ assolutamente vero che la sceneggiatura ha il pregio di aprire la strada ad infiniti sequel e, quindi, dare il via ad una vera e propria saga sulla vita di Amorth e del suo scagnozzo. Se così fosse, ci auguriamo che regista e sceneggiatori aggiustino il tiro, incanalandosi in qualcosa di più specifico e definito, magari attenendosi di più agli scritti di Amorth e lasciando stare l’eroismo, la stoicità e la spacconeria del prete che finiscono, in questo primo film, per farne quasi una parodia.

Il voto di Cinefily

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