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E alla fine ce l’ha fatta! Brendan Fraser ha vinto l’Oscar come Miglior attore protagonista per il bellissimo e commovente “The Whale”, diretto da Darren Aronofsky.

Fraser, emozionatissimo ed elegantissimo, è famoso soprattutto per il ruolo di Rick O’Connell per la saga de “La mummia”, iniziata nel 1999, ma poi oltre a “The Quiet American”(2022), di Phillip Noyce e “Crash – Contatto fisico”(2005), di Paul Haggis, non ha più avuto occasioni tali da poter dimostrare appieno il suo talento.  La crisi iniziò nel 2010, dopo le recensioni negative ricevute dallo spettacolo di Broadway “Elling” e dal film “Puzzole alla riscossa”, di Roger Kumble. Dopo la commedia nera “Pawn Shop Chronicles”, la serie tv “The Affair – Una relazione pericolosa” e il film “Non lasciarmi sola”. Nel 2018, Fraser accusò l’ex presidente della Hollywood Foreign Press Association, Philip Berk, di molestie sessuali nei suoi confronti avvenute nel 2003, sostenendo che proprio per colpa sua si ritirò dalla vita pubblica e professionale. Tornerà sulle scene solo nel 2019 con il film “La rosa velenosa”, di George Gallo, Francesco Cinquemani e “No Sudden Move”, del 2021, diretto da Steven Soderbergh. Per lui si tratta di una vera e propria rinascita premiata col massimo riconoscimento del cinema. E noi di Cinefily, lo ammettiamo, facevamo il tifo per lui.

Qual è la trama principale di The Whale?

Recensione di The Whale

Charlie (Brendan Fraser) è un professore universitario d’inglese che pesa più di 250 chili. Vive praticamente recluso in casa, da solo, e anche le sue lezioni di scrittura le tiene con la webcam spenta per non mostrare il suo aspetto agli studenti. L’unica ad assisterlo è Liz (Hong Chau), infermiera e amica che vorrebbe portarlo in una clinica ma Charlie si rifiuta asserendo che non avrebbe i soldi per pagare le cure. E’ inutile anche l’intervento di Thomas (Ty Simpkins), un missionario della New Life Church che vuole che l’uomo non butti via la sua vita. Charlie vorrebbe anche recuperare il rapporto con la figlia Ellie (Sadie Sink), che non vede da otto anni, ma nel frattempo, oltre alle condizioni di salute sempre più critiche, l’uomo è attanagliato da ricordi dolorosi e indelebili che quando riaffiorano, fanno davvero malissimo.

Il dramma di Charlie è interiore ed esteriore

Come in altri film di Darren Aronofsky (vedi “The Wrestler”), anche in “The Whale” il personaggio principale è costantemente vessato e turbato dal proprio passato che si presenta quasi come una croce pesantissima da portare sulle spalle per sempre. Attraverso la storia di Charlie e il suo dramma interiore ed esteriore, il regista ci fa riflettere sui sensi di colpa, sulle relazioni padre/figlia/moglie, sull’incomunicabilità, sulla solitudine, sui rimpianti, sulle conseguenze di scelte sbagliate, sulla religione e sulla morte. La vita di Charlie ci viene mostrata solo attraverso i suoi pochissimi incontri che si tengono in una sola location, la sua casa, gabbia cupa e buia che lo protegge e lo tiene prigioniero allo stesso tempo. Fraser è fenomenale nel mostrare la sofferenza e i disagi di Charlie anche solo con gli occhi, ora dolci e stanchi e poi pieni di rabbia e scontrosi (soprattutto verso il finale). Il regista lo tratta senza patetismi, lascia che sia la sua storia a parlare, a condannarlo o a salvarlo, ma senza mai giudicarlo.

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