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Recensione di 007 No Time to Die (2021): il 25esimo film sull’agente segreto più famoso al mondo. No Time to Die – quinto e ultimo capitolo della saga – è la fine di un lungo viaggio durato 15 anni e 5 film dell’agente con la “licenza di uccidere” di Daniel Craig.

Adrenalinica, esplosiva ed emozionante, la nuova pellicola diretta da Cary Fukunaga (True Detective, Maniacs) pone al centro il lato più intimo del personaggio ideato dalla penna di Ian Fleming. Qui troviamo un James Bond più umano e fallibile, che fa i conti con il proprio passato. No Time to Die chiude la sesta era bondiana con tutto quello che ci si aspetta da un Bond-movie: lo smoking, le Bonds girls, l’Aston Martin, i gadget, un villain, il Martini, M, Q, Moneypenny, ovviamente e tante esplosioni.

LA TRAMA

Il James Bond più sentimentale

Sono passati 5 anni dagli eventi di Spectre e la cattura di Blofeld. L’ex agente di Sua Maestà vive una vita tranquilla e pacifica in Giamaica, lontano da cospirazioni e intrighi. La sua pace ha vita breve: il suo vecchio amico Felix Leiter (Jeffrey Wright) della CIA si palesa con una nuova missione. L’obiettivo dell’incarico sarà liberare uno scienziato rapito dallo Spectre.

007 No Time to Die Trama

Bond accetta e viene affiancato dalla nuova agente Nomi (Lashana Lynch). 

Ma l’impresa si rivela più rischiosa del previsto, portando 007 sulle tracce di un nuovo pericoloso e misterioso criminale.

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Info
Anno 2021
Durata 163 min
Regia Cary Fukunaga

 

Cast

Daniel Craig: James Bond
Rami Malek: Lyutsifer Safin
Léa Seydoux: Madeleine Swann
Lashana Lynch: Nomi
Christoph Waltz: Ernst Stavro Blofeld
Ralph Fiennes: Gareth Mallory / M

NO TIME TO DIE

La recensione del film con Daniel Craig

No Time to Die è, forse, il capitolo più romantico, e più personale dell’agente al servizio di Sua Maestà, in cui il difficile rapporto con il passato è il suo vero nemico. La regia di Cary Fukunaga fa il suo onesto lavoro, dando un tocco personale degno di nota, con riprese aeree ed eleganti giochi di macchina, e con elementi tipici della regia televisiva. Un’azione spettacolare diluita con numerosi momenti di intimità.

Non siamo ai livelli di Sam Mendes con Skyfall, forse il capitolo migliore dell’era di Craig. La sceneggiatura pecca su alcune scelte narrative attuate dagli sceneggiatori (che faranno storcere il naso ad alcuni di voi) soprattutto per la fretta di chiudere molti cerchi narrativi aperti dai precedenti film.

Nel complesso, il passaggio di mani dello script non può che aver influenzato negativamente il risultato finale.

La vera nota dolente del film è il villain interpretato da Rami Malek, inconsistente e vago, mosso da ambizioni e ragioni, prive di logica, che rimangono fuori campo per tutto il film.

La fotografia dello svedese Linus Sandgren (premio oscar per La La Land) caratterizza le scene con toni freddi, a metà tra un noir scandinavo e l’horror.

La theme song è stata affidata alla fenomenale Billie Eilish, l’artista più giovane nella storia di James Bond ad aver composto un brano del franchise. No Time to Die, inoltre, si affida alle doti magiche e sapienti di Hans Zimmer per la creazione della colonna sonora vera e propria della pellicola. Tuttavia il risultato finale dell’artista non rientra tra quelli più memorabili della sua carriera

Qualche problema nella pre-produzione

Annunciato nel 2017, la pre-lavorazione di No Time to Die ha avuto qualche problemino. Dopo i no di Christopher Nolan e Denis Villeneuve, arrivò anche l’annuncio dell’abbandono del progetto da parte del premio oscar Danny Boyle

Venne scelto successivamente Cary Fukunaga, che si mise subito a lavoro sul copione insieme a Neil Purvis e Robert Wade, con il supporto della brillante Phoebe Waller-Bridge (Fleabag, Killing Eve). 

Il covid ci ha poi messo lo zampino, posticipando l’uscita al cinema dall’Aprile del 2020 fino a settembre di quest’anno. Inoltre lo stesso Craig fece intendere di non voler continuare dopo Spectre, sia per l’età che per i continui infortuni sul set.

Uno 007 meno infallibile ma più umano

Dire addio ad uno dei migliori 007 non è semplice. Nell’arco di cinque film, il James Bond di Daniel Craig si è rivelato il più tridimensionale, complesso e umano dell’intera saga. 

Un processo evolutivo che ha conferito spessore al personaggio, lo ha decostruito e rifondato, dandogli una casa, e un passato da dimenticare. Un cambio di rotta importante rispetto alla classica tradizione cinematografica, già iniziato con Pierce Brosnan, ma qui elevato a nuovi livelli.

Le nuove Bond Girls

Nell’era di Craig abbiamo assistito ad un cambio di ruolo delle cosiddette “Bond Girls”, non più semplici bombe sexy e vittime del fascino magnetico della spia, ma vera e propria parte integrante dell’azione e delle dinamiche narrative del film. Il nucleo narrativo si concentra nel rapporto amoroso tra Bond e Madeleine Swann (Léa Seydoux), una relazione minata dalle ombre dei due personaggi.

La partecipazione alla sceneggiatura di Phoebe Waller-Bridge è evidente soprattutto nel delineare i caratteri delle figure femminili. Gioca infatti con lo stereotipo della Bond Girl old style con il personaggio di Nomi (Lashana Lynch), la nuova 007 del MI6, letale e rispettosa delle regole.

Ma è la seducente e letale Paloma (Ana De Armas) che ruba la scena nella sequenza a Cuba, pochi minuti per un personaggio genuino e divertente, a cui si poteva certamente dare più spazio.

IN CONCLUSIONE

Dopo 15 anni e 5 film, diamo l’addio al James Bond di Daniel Craig, un lavoro rimasto fedele ai tratti caratteristici della saga, ma che si è evoluto con i tempi.
No Time to Die chiude l’era dello 007 più longevo di sempre con l’inconfondibile azione e con un pathos travolgente, ma la promessa nei titoli di coda è sempre la stessa, invariata da cinque decenni: James Bond Will Return.

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