E’ diventata una stella negli Stati Uniti grazie alla serie The White Lotus e le apparizioni nei talk show più importanti. Adesso è in giro a promuovere The Paper ed è nel cast di ben due film. Ma perchè l’Italia non ha saputo valorizzarla?
Nel panorama dello spettacolo italiano, Sabrina Impacciatore (classe 1968 anche se ne dimostra sempre 30) è sempre stata una presenza vivace, intensa, capace di incarnare personaggi complessi con una sensibilità rara. Circa 26 film, svariate serie tv e tanto teatro figurano nel suo curriculum, eppure il suo vero riconoscimento è arrivato solo oltre oceano, dove è diventata una star acclamata grazie a ruoli iconici come quello di Valentina nella seconda stagione di The White Lotus. La domanda che sorge spontanea è: perché l’Italia non ha saputo valorizzarla?
Il successo negli Stati Uniti
Negli USA, Sabrina Impacciatore ha vissuto una vera e propria rinascita artistica. Dopo The White Lotus, è stata ospite di talk show prestigiosi come quelli di Jimmy Kimmel e Jimmy Fallon. Ha ottenuto ruoli in produzioni di alto profilo, tra cui la già citata serie tv The White Lotus (HBO), dove il ruolo di Valentina, la direttrice del resort nella seconda stagione ambientata a Taormina, è stato il punto di svolta. Ha ricevuto una nomination agli Emmy Awards, e il suo personaggio è diventato iconico. Adesso è in giro a promuovere The Paper (Peacock), una nuova serie – spin-off di the Office – dove interpreta Esmeralda Grand, caporedattrice vanitosa e manipolatrice di un giornale locale in Ohio. Il suo ruolo ha attirato l’attenzione del pubblico americano e della stampa, tra cui il New York Times. Ma non solo, perché è anche nel cast dei film In the Hand of Dante, film d’autore diretto da Julian Schnabel, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. Qui ha una piccola parte in un cast stellare che include Oscar Isaac, Al Pacino, Gal Gadot e John Malkovich e poi G20 (Amazon), di Patricia Iggen, dove interpreta la direttrice italiana del Fondo Monetario Internazionale.
Negli Stati Uniti, il suo accento italiano, la sua intensità espressiva e il suo stile interpretativo sono stati considerati un valore aggiunto. In un contesto dove la diversità culturale è spesso celebrata, Sabrina Impacciatore ha trovato terreno fertile per esprimere la sua arte.
Il mancato riconoscimento in Italia
In Italia la sua carriera è stata segnata da una certa sottovalutazione. Nonostante abbia recitato in numerosi film e serie TV sin dagli anni 2000 e lavorato con grandi registi come Gabriele Muccino, Ettore Scola, Giovanni Veronesi, Paolo Virzì e tanti altri, raramente è stata considerata una protagonista di primo piano. In un’intervista, l’attrice ha parlato apertamente dei pregiudizi che ha dovuto affrontare: la provenienza televisiva, una bellezza non canonica, e un sistema cinematografico che tende a soffocare le voci fuori dal coro.
“In 20 minuti mi è cambiata la vita” ha dichiarato, riferendosi al successo improvviso negli USA dopo The White Lotus. “E dire che io sono un’attrice di lungo corso che non recita ma vive sempre i personaggi che interpreta: queste cose le ho fatte anche in altri film italiani, dal 2000!”
La sua denuncia è lucida e pungente: in Italia si respira un’aria di rassegnazione, dove l’entusiasmo per nuove idee e proposte è spesso soffocato da logiche conservatrici. “Se dico che mi piacerebbe un’idea in Italia mi guardano come una pazza, oltreoceano si entusiasmano” ha aggiunto.
Un sistema che premia l’omologazione?
Il caso di Sabrina Impacciatore è emblematico di un problema forse molto più ampio: il sistema culturale italiano tende a premiare l’omologazione, a preferire volti rassicuranti e percorsi lineari. Le attrici che non rientrano nei canoni estetici o narrativi dominanti faticano a emergere, nonostante il talento. Inoltre, la televisione italiana, da cui la Impacciatore proviene, è spesso vista come un marchio di “serie B” rispetto al cinema d’autore. Questo snobismo ha contribuito a relegarla in ruoli secondari, nonostante la sua capacità di dare profondità e autenticità ai personaggi.
Il paradosso della valorizzazione estera
Il successo internazionale di Sabrina Impacciatore ci costringe a riflettere su un paradosso: spesso è necessario che un artista italiano venga riconosciuto all’estero per ottenere rispetto in patria. È una dinamica che ha colpito anche altri nomi, da Monica Bellucci a Pierfrancesco Favino, ma nel caso della Impacciatore è particolarmente evidente.
Il suo percorso dimostra che il talento non ha confini, ma che il riconoscimento dipende anche dalla capacità di un sistema culturale di accogliere la diversità e l’originalità. Oggi una star internazionale, ma il suo successo è anche una critica implicita al sistema italiano. Il cinema e la televisione del nostro Paese hanno bisogno di rinnovarsi, di aprirsi a voci autentiche, di superare pregiudizi estetici e professionali. Solo così potremo evitare che altri talenti debbano cercare altrove ciò che avrebbero meritato a casa. E forse, guardando il suo percorso, possiamo imparare a riconoscere il valore prima che sia qualcun altro a farlo.