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L’iraniano Jafar Panahi è tornato sulla Croisette dopo tantissimi anni, ricevendo una standing ovation di ben 10 minuti per il suo nuovo film, “Un simple accident”. La sua presenza sul red carpet rappresenta una vittoria simbolica dopo anni di repressione, arresti e divieti imposti dal regime iraniano.

Il regista iraniano Jafar Panahi è tornato al Festival di Cannes dopo tantissimi anni di assenza, ricevendo una standing ovation di dieci minuti per la presentazione del suo nuovo film, “Un simple accident”. La sua presenza sul red carpet rappresenta una vittoria simbolica dopo anni di repressione, arresti e divieti imposti dal regime iraniano. Panahi, 64 anni, è stato arrestato più volte per le sue opere critiche nei confronti del governo iraniano. Nel 2010 gli fu imposto un divieto di viaggio e di realizzazione di film, ma ha continuato a lavorare clandestinamente, girando pellicole con mezzi limitati e senza autorizzazioni ufficiali. La sua ultima apparizione a Cannes risaliva al 2003, quando presentò “Crimson Gold” nella sezione Un Certain Regard. Da allora, la sua carriera è stata segnata da arresti domiciliari, scioperi della fame e condizioni di vita difficili.

Il film e il messaggio

Un simple accident è un’opera che esplora temi di trauma e giustizia, raccontando la storia di un uomo che affronta un presunto torturatore del passato. Panahi ha dichiarato di aver dedicato il film ai colleghi iraniani ancora perseguitati, in particolare alle donne cineaste e attiviste per i diritti umani. Il film è stato accolto con entusiasmo dalla critica internazionale, sottolineando il coraggio e la resilienza del regista. Durante la proiezione, come dicevamo, ha ricevuto una standing ovation di dieci minuti, un riconoscimento straordinario che ha commosso il regista e il pubblico presente. La sua famiglia e alcuni membri del cast erano presenti in sala, testimoniando il sostegno e la solidarietà nei confronti del cineasta.

Un simbolo di resistenza

La presenza di Panahi a Cannes rappresenta non solo un trionfo personale, ma anche un messaggio di speranza per tutti gli artisti e attivisti che lottano per la libertà di espressione in contesti repressivi. Il suo impegno e la sua dedizione al cinema come forma di resistenza continuano a ispirare e a sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale. Il suo ritorno è una testimonianza del potere del cinema di sfidare l’oppressione e di dare voce a chi è silenziato. La standing ovation ricevuta è un riconoscimento del suo coraggio e della sua determinazione nel perseguire la verità attraverso l’arte.

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