Finalmente, è arrivato nelle nostre sale uno dei film più attesi di questo 2025: “A Complete Unknown” co-prodotto, co-scritto e diretto da James Mangold. Basato sulla biografia “Dylan Goes Electric!” di Elijah Wald, il film ripercorre la svolta elettrica nella carriera di Bob Dylan e ha come protagonista il lanciatissimo Timothée Chalamet affiancato da Monica Barbaro, Elle Fanning, Edward Norton e Will Harrison. Noi di Cinefily eravamo molto curiosi di vederlo e adesso non vi resta altro che leggere la nostra recensione senza spoiler.
LA TRAMA
Un giovane talento destinato a cambiare la cultura musicale
New York, primi anni ’60. Sullo sfondo di una vibrante scena musicale e di tumultuosi sconvolgimenti culturali, Robert Allen Zimmermann, un enigmatico diciannovenne del Minnesota arriva nel West Village con la sua chitarra e un talento rivoluzionario, destinato a cambiare il corso della musica americana. Il resto è storia.
INFO & CAST
Durata 141 min
Regia James Mangold
Cast
Timothée Chalamet: Bob Dylan
Monica Barbaro: Joan Baez
Elle Fanning: Sylvie Russo
Edward Norton: Pete Seeger
Scoot McNairy: Woody Guthrie
LA RECENSIONE
Bob Dylan, cantante unico e simbolo di anticonformismo
James Mangold torna sulle scene dopo “Le Mans ’66 – La grande sfida”(2019) e “Indiana Jones e il quadrante del destino”(2023), due pellicole totalmente diverse da “A Complete Unknown”, biopic dedicato alla leggenda vivente Bob Dylan, o meglio al suo periodo d’oro all’inizio degli anni ’60. Robert Allen Zimmermann, vero nome di Bob Dylan (oggi 83enne) è uno dei cantautori più influenti della storia della musica e ha contribuito in modo determinante al successo della musica folk, al rock e a quello della cultura musicale in generale. Mangold ce lo racconta da quando si trasferisce dal Minnesota a New York per andare al capezzale del chitarrista e cantante folk Woody Guthrie (Scoot McNairy). Da quel momento, Dylan si esibirà al Greenwich Village e, grazie a John Hammond, divenne molto popolare arrivando a firmare un contratto con la Columbia Records. Il suo primo album sarà “Bob Dylan”, uscito nel 1962. Immediatamente riconoscibile, timbro bellissimo e unico, con canzoni piene di ideali controcorrente e generazionalmente fondamentali, la sua opera scala subito le classifiche. Mangold affida questa leggenda a Timothée Chalamet, stella crescente di Hollywood che ci mette tutto sé stesso e riesce a convincerci dall’inizio alla fine. L’attore di “Dune” ha dichiarato di aver cantato personalmente tutte le canzoni (ben 25!) del film e suonato la chitarra e l’armonica. Lo stesso Bob Dylan ha incontrato Mangold più volte. Durante questi incontri, leggevano insieme la sceneggiatura ad alta voce e Mangold interpretava tutte le parti e le indicazioni di scena, mentre Dylan si limitava a recitare le battute del suo personaggio, annotando appunti sulla sceneggiatura. Un’opera, quindi, che ha avuto la sua ampia approvazione e che la rende veramente speciale.
Dal folk al rock, il “tradimento” che gli costerà caro
Mangold decide di raccontare più o meno 10 anni della vita di questo straordinario artista spigoloso, un tantino antipatico e asociale, dotato di un talento fuori dal comune, che si avvicina ai movimenti civili grazie soprattutto all’amica “speciale” Sylvie Russo (Elle Fanning) e stringendo un forte legame con la star del folk Joan Baez (Monica Barbaro). Naturalmente, non mancano scene dedicate al suo rapporto con l’altra star del folk Pete Seeger (interpretato da un grande Edward Norton), uno dei primi che crederà in lui e che Dylan supererà alla grande. Presto il talento di Dylan, fatto di folk puro e di testi di protesta e con tematiche sociali e politiche molto profonde, si scontrerà con chi voleva incanalarlo, chi voleva porre delle barriere di “normalità” al suo spirito libero. Infatti, dopo il successo con l’altro album “The Freewheelin’ Bob Dylan”(1963) che contiene pezzi cult come “Blowin’ in The Wind” e “A Hard Rain’s A-Gonna Fall”, nel 1965 compie una svolta musicale che destabilizza i fan. Con l’album “Bringing It All Back Home” inizia ad esplorare il rock elettrico e il passaggio definitivo avviene nello stesso anno con l’album “Highway 61 Revisited” che include il pezzo cult “Like a Rolling Stone”. Dylan abbandona i messaggi politici e la comunità di Greenwich non accoglie bene il passaggio, visto che adorava il suo anticonformismo, il suo essere fuori dagli schemi.
Un biopic da 8 nomination agli Oscar
La sceneggiatura scritta da Mangold con Jay Cocks sa cogliere perfettamente lo spirito e il carisma del personaggio e del cantante, l’uomo e l’artista che diventa poi simbolo per un’intera generazione. Entrambi hanno deciso di mettere al centro la musica, tralasciando passaggi inutilmente didascalici o spiegoni noiosi. Straordinaria è la fotografia di Phedon Papamichael e il lavoro fatto al montaggio da Andrew Buckland e Scott Morris è davvero incredibile. I 140 minuti di durata scorrono in un lampo e non si può essere non affascinati dai costumi perfetti di Arianna Phillips e delle scenografie ideate dalla coppia d’oro formata da Francois Audouy e Regina Graves. La pellicola è stata già candidata ai Golden Globes come Miglior film drammatico, Miglior attore a Timothée Chalamet e Miglior attore non protagonista a Edward Norton e agli Oscar ha raccolto ben 8 nomination: Miglior film, Miglior regista, Migliore sceneggiatura non originale, Miglior attore protagonista (Timothée Chalamet), Migliore attrice non protagonista (Monica Barbaro), Migliore attore non protagonista (Edward Norton), Miglior sonoro e Migliori costumi.
Il voto di Cinefily